Il capogruppo della Lega in Consiglio comunale a Sassuolo, Giuseppe Vandelli, è intervenuto sulla questione della futura moschea ai Quadrati con un lungo post pubblicato su Facebook, in cui ha spiegato le ragioni dell’opposizione del suo partito e della coalizione di centrodestra al cambio di destinazione d’uso dell’immobile destinato a diventare luogo di culto islamico.
Il post di Vandelli:
Nel suo post Facebook, Giuseppe Vandelli spiega che “in questi giorni mi capita di spiegare ad amici e parenti per quali ragioni ci opponiamo al cambio di destinazione d’uso dell’immobile ai Quadrati per trasformarlo in luogo di culto”. L’immobile in questione è appunto il complesso “I Quadrati” nella zona Braida di Sassuolo, acquistato da parte dell’Associazione Comunità Islamica di Sassuolo e per il quale è stato proposto un cambio di destinazione d’uso da centro culturale a luogo di culto. Vandelli aggiunge: “Chi non condivide la nostra posizione solleva spesso dubbi e interrogativi ragionevoli, che meritano di essere discussi senza pregiudizi o banalizzazioni”. Egli afferma che “il linguaggio semplice e spesso diretto della politica e della nostra campagna di raccolta firme porta molte persone a pensare che si tratti di un’opposizione nient’altro che arbitraria e ideologica, quando in verità non è così”.
Le ragioni dell’opposizione:
Nel post, Vandelli segnala innanzitutto che “il diritto di culto dev’essere garantito, lo dice la Costituzione”. Egli ricorda che “all’art. 19 della nostra Carta è sancito il diritto di ognuno a praticare liberamente la propria fede religiosa, in forma individuale o associata”. Tuttavia, prosegue il capogruppo leghista, “questo tuttavia non accade per una ragione molto semplice: la Costituzione è programmatica. Stabilisce cioè diritti e doveri nell’ottica di obiettivi che lo Stato si impegna a raggiungere nel tempo, dotandosi degli strumenti opportuni”. A questo punto Vandelli richiama l’articolo 8 della Costituzione, che recita: “Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.” Secondo Vandelli, la mancanza di tali “intese” per l’Islam è un problema: “L’Islam non ha una rappresentanza unica, ma solo tante comunità diffuse sul territorio italiano, ognuna con il proprio ordinamento”. E ancora: “Questo nella pratica cosa comporta? Comporta il fatto che non esiste un albo degli imam (non ci sono dunque criteri unici per la formazione), le associazioni non sono vincolate alla pubblicità dei bilanci (e quindi alla trasparenza nella provenienza dei fondi), non è stata sottoscritta una presa di distanza netta dagli estremismi e dal terrorismo, né il rifiuto della poligamia e altri aspetti non concordi con l’ordinamento costituzionale e giuridico italiano”.
Il “rischio radicalizzazione”:
Nel suo testo, Vandelli sostiene che “già in tanti posti in Italia si vedono purtroppo i risultati della radicalizzazione”. Cita esempi come quello dell’imam di Bologna Omar Mamdouh, secondo cui – afferma – “l’Islam arriva in tutti i posti del mondo e, per chi non si adeguerà, arriverà la morte”. E ancora, menziona Zulfiqar Khan, imam che inneggiava ad Hamas, ed è stato espulso per motivi di sicurezza nazionale. Nei suoi argomenti non manca un riferimento locale. “Penso anche a Sassuolo, quando nel 2009 l’allora sindaco Pattuzzi (non certo un uomo di destra) dovette vietare la concessione di una sala comunale alla comunità islamica per un evento perché erano stati invitati a parlare come relatori tre fondamentalisti di fama nazionale”.
Sulla base di questi fatti, Vandelli conclude: “NON C’È UN’INTESA. Finché questi presupposti non esisteranno, la nostra posizione è che non sia opportuno dare concessioni di questa portata alle comunità islamiche. Farlo rappresenterebbe una concreta esposizione al rischio di radicalizzazione e come tale una scelta politica che noi giudichiamo irresponsabile”.